Pietrapertosa
Nella notte di Giugno, al chiaro di luna, i buoi e i massari si portano nel bosco dove giace, disteso, quello che fu un cerro, illuminato dai tenui bagliori dei fuochi. Alle prime luci dell'alba la cima di agrifoglio e il tronco si avviano, festosi, nella lunga marcia. Il sole splende molto in alto e sulle cime ventose delle Piccole Dolomiti Lucane il pero selvatico raccoglie intorno a se uomini affaticati che si ristorano con pane, vino e salsiccia. Timidamente i buoi osservano musicanti, ragazzi e turisti che li accompagnano nella piccola marcia. Il corteo man mano si ingrossa, i colpi scuri, le voci, i suoni, i muggiti si fondono in un'unica sinfonia sulla via del Maggio.
La cima e il tronco arrivano, in trionfo, alle porte di Pietrapertosa. Centinaia di mani, decine di zampe, insieme, si sforzano per posizionare il tronco, mentre il sole, al tramonto, si schiaccia sui monti. Il tronco riposa nella notte mentre si scava la buca; la cima aspetta il mattino per congiungersi ad esso nel giorno dedicato a Sant'Antonio da Padova. Lisciato, inghirlandato, l'albero è pronto; mani forti afferrano poderosi funi che si tendono ... pochi minuti e l'albero punta dritto verso il sole; il rito è compiuto. Il Maggio è lì, ponte ideale tra la storia e la cronaca, tra la natura e l'uomo.
Viggianello
I riti arborei di Viggianello rappresentano un unicum nel ventaglio delle tradizioni del Mezzogiorno d'Italia. Nei boschi, ogni anno - per ben tre volte - vengono abbattuti gli alberi di faggio, 'Pitu’ e ‘Cuccagna’, destinati al trasporto con i buoi in paese. Un terzo albero viene abbattuto, la 'Rocca', un abete, che andrà a unirsi alla 'Cuccagna' o alla 'Pitu', a esprimere la fusione della forza virile e della fecondità femminile e a simboleggiare la fecondità della terra. Prima del trasporto, gli animali ('paricchi') e i bovari ('gualani') vengono benedetti sul sagrato della chiesa, in ossequio alla sacralità dei gesti che si consumano durante l'intero rito, che è di origine pagana.
A Viggianello si può assistere a questo rituale in tre periodi diversi dell'anno: la prima settimana dopo Pasqua, l'ultima domenica d'agosto e la seconda domenica di settembre.
Rotonda.
La Sagra dell’Abete di Rotonda è probabilmente quella che più rispetta i riti e i gesti di una tradizione atavica che ci rimanda ai mitici riti celtici. Infatti, in Svezia, si soleva portare nei villaggi un enorme pino, quello più bello, che, dopo essere stato ornato, si ergeva in piedi e il popolo vi danzava intorno con grande allegria. L’albero restava nel villaggio l’intero anno per essere poi, sostituito con uno fresco l’anno successivo. Il rituale rispecchia appieno ciò che accade a Rotonda. Trovate le origini, è facile intuire come a Rotonda il matrimonio arboreo venne introdotto durante il dominio normanno (Federico II di Svevia costruiva la sua ultima dimora in terra di Lucania, il castello di Lagopesole, nel 1241) e, in ogni caso, venne dedicata a S. Antonio non prima di 800 anni or sono, quando i riti pagani con elementi orgiastici vennero “purgati” dalla Chiesa, che per renderli più accettabili, sovente li sposò a questo o a quel Santo. In una atmosfera di incanto, di intensi profumi e variopinti colori, si rinnova, così, l’appassionante ed inimitabile “Sagra dell’Abete”, in onore di S. Antonio da Padova che, tra storia e leggenda, si narra passò per Rotonda nel XIII sec., fece sosta nei boschi del Pollino, trascorrendo una notte sotto un abete in località Marolo. Anni dopo, nello stesso punto, un bovaro inciampando precipitò in un burrone, invocò disperatamente il nome del Santo che gli apparve in tutto il suo splendore, salvandolo. Il miracolato raccontò l’accaduto a valle ed annualmente si recò con i suoi per abbattere un abete ed offrirlo in onore del Santo protettore. Da allora, niente è cambiato, la Sagra ha mantenuto intatto il suo fascino, le sue usanze proponendo sempre gli stessi riti.
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