-Adattato da un articolo di Angelo Labbate -Foto nella galleria di Francesco La Centra-
Nel giorno dell’Ascensione, secondo il vecchio calendario liturgico, il cerro più alto, più grosso e più dritto del bosco di Montepiano, già individuato e contrassegnato, viene reciso. Esperti boscaioli, cui si associano curiosi, appassionati del folklore, amanti della natura e giovani festaioli si danno convegno di buon mattino nella piazzetta di San Vito. Di qui, con ogni mezzo, si dirigono verso la cerreta, a circa cinque chilometri dall’abitato, una distesa di mille ettari di superbi esemplari di cerro, il Quercus cerris, appartenente alla famiglia delle Fagacee.
L’ancestrale legame che unisce l’uomo all’albero è testimoniato dalle cure e dalla sofferta partecipazione con cui il Maggio, simbolo sacrificale, è abbattuto. Le radici sono messe allo scoperto e incise con l’accetta, maneggiata con la delicatezza di un bisturi. Un taglio conico alla base, per orientare la caduta, completa l’operazione dell’abbattimento. Il gigante del bosco, una trentina di metri di altezza per circa altrettanti di peso, giace per terra. La folla quindi si accalca per esaminare e toccare il tronco mentre i boscaioli si affrettano a scortecciarlo e tagliare la folta chioma.