Il martedì è una giornata lunga e piena di appuntamenti: sin dall’alba, infatti, si continua a lavorare il Maggio. In tarda mattinata, la Cima viene levata dalla facciata del palazzo Sansone e trasportata in largo San Vito, dove viene preparata al grande evento, rinfoltita ed adornata con rami di agrifoglio fino a farla diventare nuovamente l’albero tanto aggraziato tagliato appena due giorni prima.
Gli esperti, gelosi custodi di tecniche arcaiche, dirigono i lavori per l’innesto al Maggio: la cima è fermata saldamente con dei pioli cilindrici di legno infissi in fori praticati alle estremità dei due tronchi, accuratamente sagomate il precedenza. Vengono inoltre legati i bouquet di rose rosse che durante la scalata del Maggio verranno lanciati.
Dalla Chiesa Madre, verso mezzogiorno, parte la processione con la statua di San Giuliano. Tra la folla che circonda e segue la policroma statua si vedono bambini vestiti per voto come il santo della Dalmazia: il santo come modello di vita è la concezione che tiene viva tale tradizione devozionale. Nella processione non possono mancare, ancora una volta, le giovani donne che sul capo trasportano le “Cente”, anche queste costruite per devozione al santo protettore.
Nel frattempo il grande tronco si solleva pian piano, mentre due schiere di uomini tengono, da una parte e dall’altra, le lunghe funi e le tirano. L’atmosfera è tesa. Si continuano le operazioni di innalzamento del grande albero: centinaia di persone seguono in silenzio le funi che si tendono e gli argani, manovrati da poderose bracciate, che gemono. Rivivono tecniche antiche, conservate dagli anziani e trasmesse ai giovani.
E’ solo nel momento in cui il San Giuliano arriva in largo San Vito che il “Maggio” viene completamente innalzato sotto l'egida del Santo protettore. La processione quindi riprende il suo cammino verso la chiesa, mentre le funi vengono sciolte dal Maggio, pronto per essere scalato.