Aspetto antropologico

Queste interpretazioni, se da un lato possono gettare luce sull’origine dei culti arborei e restituirci l’archetipo più remoto della festa, dall’altro non possono ritenersi adeguate a spiegare il suo perdurare fino ai nostri giorni, se non ipotizzando la sia pur residuale permanenza implicita delle antiche valenze magico–religiose, in verità non facilmente percepibile né decisamente importante. Queste interpretazioni hanno istituito analogie e rapporti tra usi e riti lontani nel tempo e nello spazio, disegnando attraverso l’analisi comparativa una tipologia di culti arborei che, per quanto astratta, si rivela tutt’altro che inutile.

Nelle cerimonie e nei culti arborei degli ultimi secoli al tema del rinnovamento della natura si associava il concetto di franchigia, la festa celebrava anche la liberazione da pesi, tutele, obblighi e limitazioni di vario genere e sanciva l’instaurazione di giurisdizione o poteri autonomi. Il popolo nella la festa celebrava, con il cambiamento della vegetazione, i cambiamenti di vita particolarmente importanti per la comunità.

Il sovrapporsi del significato sociale della libertà al significato magico originario di rinnovamento agevolò, successivamente, la trasformazione dell’albero di maggio in albero della libertà della Rivoluzione francese.

I culti arborei, però, chiusa l’esperienza giacobina e poi napoleonica, hanno continuato ad avere fino ai giorni nostri una vita autonoma, solo in qualche raro caso confusi, e per questo oggetto di condanna, con gli alberi rivoluzionari.

Nella storia civile bisogna considerare che, duranti i moti popolari, molto frequenti in Basilicata, contro il potere dei Baroni e delle Municipalità il primo gesto di protesta consisteva nell’occupare le terre e i boschi di proprietà degli stessi. Occupazioni che si verificarono al tempo della Repubblica Partenopea (1799), al tempo di Murat (1806-1815), così pure dopo l’unità d’Italia fino ai moti contadini del secondo dopoguerra. Questo è spiegabile perché il bosco è la principale fonte di sussistenza (legna da bruciare, fare travi e “spole” per le coperture delle abitazioni, fare mobili, fare ‘traverse’ per la ferrovia, pascolo).

I boschi hanno rappresentato un punto di riferimento fondamentale nella cultura tradizionale e nella economia della Basilicata. Nel bosco, luogo di lavoro, gli alberi sono quasi ‘allevati’ come il contadino fa per il grano; niente pertanto ci impedisce di supporre dei cerimoniali esercitati su e con gli alberi prima di abbatterli.

Le interpretazioni fatte finora non sono esaustive, per comprendere qualcosa di più bisogna continuare ad indagare

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